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La serie A Covid

La serie A Covid ha iniziato ieri il suo girone di ritorno.

Quattro le partite saltate con le ASL che hanno impedito a Torino Bologna, Udinese e Salernitana di giocare e sei gare che hanno visto le squadre presentarsi sul campo largamente rimaneggiate.

Uno scempio da digerire “obtorto collo” pena l’affossamento del torneo che per il moltiplicarsi degli impegni rischia comunque il default.

Si, perché domenica si ritorna in campo per la “seconda” e la prossima settimana ci saranno gli ottavi di Coppa Italia.

La variante Omicron che è originaria dell’Africa, seppur meno letale delle precedenti è quattro volte più contagiosa e i numeri che lo testimoniano, ci dicono con chiarezza che anche tra i protagonisti del calcio, fuori e dentro il rettangolo di gioco, aumenteranno i casi di positività.

Al rischio di un calendario ultra-intasato e ad un torneo con partite rinviate, che non si sa quando far giocare, si fa fatica anche solo a pensarci, ma à arrivato il momento di cercare soluzioni che possano garantire tutti.

La salute dei cittadini, di cui i tesserati fanno parte, è prioritaria. Gli interessi economici vengono, dopo ma non per questo devono essere calpestati a priori i diritti delle parti in causa, come le società, gli sponsor e le piattaforme televisive, legate al prodotto calcio.

Certo, sarebbe stato saggio avere un piano di riserva ma i capoccioni della Fifa, la Uefa e le singole federazioni nazionali, non hanno saputo elaborare nulla che potesse anche solo apparire una valida alternativa.

Siamo arrivati al punto che la sola speranza sembra essere riposta nella buona riuscita del piano vaccinale.

Troppo poco per i padroni di un vapore, il cui fatturato nella sola Italia sfiora i cinque miliardi di euro e che in Europa nella stagione 2018-19 ha creato profitti per 29 miliardi.

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