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Due anni senza Kobe

Uno dei più grandi sportivi di sempre: i 5 anelli e la Mamba Mentality che hanno cambiato la storia del basket

Sono trascorsi due anni dalla scomparsa di Kobe Bryant, rimasto coinvolto in un incidente in elicottero insieme alla figlia Gianna di 13 anni ed altre sette persone.

Il legame che unisce il mondo della pallacanestro a Kobe è indissolubile, le nuove generazioni sono cresciute emulando i suoi movimenti e ammirando le sue gesta sul parquet.

Un campione a 360 gradi che ha messo l’amore per la palla a spicchi davanti a tutto nella sua vita. Una passione nata in Italia, tra i 6 e i 13 anni, ereditata da papà Joe (giocatore professionista che negli anni 80′ ha giocato 7 anni in Italia) in cui ha fatto tappa a Rieti, Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia. Un’infanzia felice in giro per lo stivale in cui ha imparato la lingua e ha approfondito il gioco, lavorando soprattutto sui fondamentali che in Europa sono da perfezionare obbligatoriamente.

I fondamentali imparati in Italia sono stati significativi per la sua carriera in NBA, iniziata nel 1996 a soli 18 anni, senza passare per il college, con la consapevolezza di essere un talento. Da lì in poi è una carriera in discesa: partendo dai 3 titoli consecutivi con Shaq (dal 2000 al 2002) formando una delle coppie più forti di sempre, continuando con gli 81 punti in una partita contro i Toronto Raptors (seconda miglior prestazione individuale della storia dell’NBA) e l’MVP nel 2008 e terminando con i due titoli nel 2009 e 2010 da leader, guidando da solo la squadra al successo, e con il ritiro nel 2015 con 60 punti segnati agli Utah Jazz.

20 anni ai Los Angeles Lakers irripetibili per il Black Mamba (soprannome datogli per essere freddo come un serpente nei momenti decisivi) conditi da una moltitudine di record battuti, tra cui l’unico ad avere entrambe le maglie con cui ha giocato ritirate, la numero 8 che viene ricordata per essere stata la maglia del Kobe esplosivo, giovane che voleva prendersi tutta la Lega e la 24 indossata dal Kobe consapevole, non più esplosivo ma maturo e con esperienza con cui ha vinto gli ultimi due titoli.

Le due fasi di Kobe hanno in comune la Mamba Mentality che è diventata un vero e proprio stile di vita da seguire per chiunque voglia raggiungere il successo nella vita. Nata dalla voglia di lavorare e dall’ossessione vera e propria che ha sempre avuto per questo sport, che lo portava ad intense sessioni di allenamento solitarie durante la notte per poi allenarsi anche con la squadra durante il giorno. Questo atteggiamento spesso ha portato anche a scontri all’interno dello spogliatoio. Troppo distante la sua mentalità da chiunque altro, troppo alta la sua voglia di vincere per fidarsi dei suoi compagni che condividevano la squadra ma non di certo i suoi obiettivi. 20 anni di amore tra lui e i suoi Lakers e 41 anni di ossessione per la pallacanestro in cui ha fatto sognare milioni di tifosi di questo sport in tutto il mondo, per i quali è sempre stato un modello da seguire ed un mito da idolatrare. Milioni di persone che si sono godute il viaggio e che hanno sofferto alla notizia della sua scomparsa, per le quali sicuramente il 26 gennaio non sarà mai più una data come le altre.

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