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L’ALFA E L’OMEGA

Amato e (odiato) voto

Le elezioni si sono concluse. Ci sono vincitori e vinti. Risultati attesi e esiti prevedibili.

Ma il punto non è soltanto chi o cosa abbia vinto. Non è scoprire se sia stata una persona a trionfare o uno schieramento a soccombere. Il punto è tutto lo scenario. Come a teatro. Il vero spettacolo non è la commedia, è la recita più il coinvolgimento . Così in una tornata elettorale sarebbe riduttivo pensare che ci sono solo loro a giocarsela: quelli lì che rincorrono la poltrona o quegli altri che cercano di mantenerla.

Ci siamo anche noi. Per una volta ci affidano una matita e ci danno un incarico: tracciare un segno di colore blu su una scheda fatta di simboli e nomi.

Ma che sarà mai?

Cosa cambia?

A che serve?

Tanto perseguono tutti i loro interessi.

L’uno vale l’altro.

Queste, o più o meno queste, volendo restare su sfumature deboli, le espressioni che sento pronunciare a chi a quella chiamata decide di non rispondere.

L’affluenza, a questa tornata, è crollata ai minimi storici: hanno votato il 63,4% degli italiani. 1 su 4 (circa) non lo ha fatto.

Volendo ironizzare il vero partito che vince è quello degli astensionisti.

Vero è che un po’ in tutta Europa si registra, volta dopo volta, un calo delle affluenze alle urne: mediamente si attesta intorno al 70%, ma noi italiani, stavolta, siamo stati i campioni del dato al ribasso.

Cos’è che ci spinge “a non votare”?

C’è, in generale, una scarsa fiducia nella politica da parte degli italiani.

Si registra, nella classe dirigente, un’impossibilità alla risoluzione dei problemi reali ed una concentrazione, invece crescente, di un modus operandi fatto soprattutto di dibattiti, chiacchiericcio e proposte inconcludenti.

Gli sfiduciati ed i delusi si sommano così, mescolandosi, a quelli che i sociologi definiscono alienati ed indifferenti, ovvero coloro che nella politica non credono o non credono più e che la vedono letteralmente come “una cosa che non  li riguarda” nella vita reale e quotidiana.

 Questo rapporto è, inoltre, inversamente proporzionale all’età anagrafica. Sono soprattutto i giovani ad allontanarsi dalla politica e a scegliere di non parteciparvi. C’è necessità che la società civile si attrezzi per rinfocolare l’interesse delle giovani generazioni che vanno avvicinate, istruite ed instradate alla politica, perché ricordiamolo i giovani sono giovani oggi, domani saranno adulti e dovranno essere loro a guidare la macchina politica ed amministrativa di questo Paese.

C’è inoltre, anche se in modo marginale, un elemento di intimo contrasto al sistema elettorale italiano che riporta, indubbiamente, delle falle profonde.

Infine ci sono spesso degli elementi oggettivi che impediscono la partecipazione al voto.

L’età anagrafica che avanza; il numero sempre crescente di studenti fuori sede e di persone impegnate per lavoro in luoghi diversi da quello di residenza, spesso anche nei giorni festivi. Per queste ultime casistiche occorrerebbe una svolta: andrebbe ricercato ed istituito un sistema di voto da remoto, almeno per le categorie di persone impossibilitate, purché siano rispettati i principi cardine della sicurezza e riservatezza.

Mi piace concludere questa riflessione con una nota che sa un po’ di sermone: quello del voto è più di un diritto è un dovere civico. E allo stesso tempo è più di un dovere civico, è un nostro diritto.

Ce lo dice a chiare lettere l’art. 48 della nostra Costituzione: <<Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico>>.

E’ vero, è un diritto anche astenersi ed il voto non è obbligatorio. Ma se non è obbligatorio per la legge lo è per lo spirito: è l’unica forma di partecipazione attiva alla vita democratica del nostro Paese.

Io non sono mica sicura che alle votazioni, qualsiasi esse siano, la mia sia solo una crocetta messa lì a caso e sono convinta che in fondo lo pensiate anche Voi…

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