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Frana di Ischia

Si continua a scavare. Il bilancio provvisorio è di 8 morti e 5 feriti. Oltre 200 sfollati. Si cercano ancora almeno 4 dispersi.

Ma cosa è successo?

A partire dalla mezzanotte di venerdì 25 novembre ore di  piogge intense hanno colpito l’isola campana.

In 6 ore sono caduti 126 millimetri di pioggia, un dato che non si registrava da oltre 20 anni. L’acqua piovana ha provocato un enorme distaccamento di detriti, fango e massi dal monte Epomeo.  La colata scendendo ha, letteralmente, invaso via Celario.

Chi ha potuto si è messo al riparo. Alcuni sono rimasti per moltissime ore bloccati nelle loro abitazioni e poi salvati dai soccorritori. Altri, purtroppo, sono stati travolti ed uccisi dal fiume di fango.

La mobilitazione è stata elevatissima. Protezione civile, vigili del fuoco, forze dell’ordine e volontari hanno lavorato incessantemente per ore, per giorni, coi mezzi e a mani nude per cercare di trarre in salvo quante più persone possibili.

Una catastrofe naturale?

Si. Ma non solo.

Casamicciola si trova alle pendici settentrionali del monte Epomeo. E’ la montagna più alta dell’isola ed è di origine vulcanica. Questo fa si che la sua consistenza sia, prevalentemente, fatta di ceneri e polveri di lieve compattezza. Si tratta di un terreno che può essere facilmente eroso dall’acqua.

I disastri non erano sconosciuti in quella zona di Ischia. Nel 1910 una frana causò la morte di 11 persone ed altre due colate di fango nel 1987 e nel 2009 provocarono altri due decessi.

La conformazione del territorio presenta elevatissimi rischi idrogeologici. Gli stessi sono però stati amplificati dall’urbanizzazione poco coscienziosa avvenuta sull’area interessata.

Per costruire le abitazioni sono sati sradicati moltissimi alberi i quali, con le loro radici, possono trattenere e rinsaldare un terreno poco compatto come quello di Casamicciola. Il terreno cementificato, è noto, non assorbe più acqua e, in casi di piogge intense e torrenziali, la violenza con la quale l’acqua scende a valle aumenta a dismisura.

Cosa si può fare per il futuro?

E’ ovvio che ora è tempo di pensare a gestire l’emergenza del momento. Bisogna pensare agli sfollati. Aiutare le famiglie delle vittime. Ma c’è da guardare anche al futuro. Tragedie simili andrebbero evitate. E si può fare tanto. Bisogna pensare a muri di contenimento e barriere. Agire più a fondo con la realizzazione di piani di rimboschimento e canali di drenaggio e poi, ma non in ultimo, cominciare a rispettare per davvero la natura così delicata di quel particolare punto dell’isola e pensare ad un piano di delocalizzazione, come suggeriscono, a più riprese, gli esperti.

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