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Moriae Encomium

E’ il titolo in latino del saggio satirico allegorico più conosciuto come “Elogio della follia”, scritto da Erasmo da Rotterdam agli albori del 1500. Secondo l’Autore la “follia” è una forza che esorta al bene, quasi una fonte di ispirazione per l’umanità che dovrebbe perciò guardarla con occhi nuovi; ci sono sempre delle “ragioni” in quello che gli uomini fanno per cui vale la pena per l’Autore concedere credito alla “follia”.

Dopo aver visto la partita del Napoli col Milan, ancora con lo sboloniamiento in corpo ed il veleno nelle vene, chi scrive si pone il dubbio se possa effettivamente avere un senso la follia. Quella intesa e descritta da Erasmo da Rotterdam nel suo saggio, sì, così come pure se per essa si intende quel senso di leggera sconsideratezza o quell’atto inusuale di coraggio estremo attuato nel tentativo di mutare in favorevole una sorte avversa. Ma quella vista ieri sera è follia pura, autentica, una tossica, paranoica e allucinante suggestione di massa in cui tutti, e si ribadisce tutti (squadra a parte), hanno dato, e purtroppo ancora continuano a dare, il peggio di sè.

Un mix letale di surreale (l’atmosfera sugli spalti), paradossale (l’atteggiamento delle parti in causa) masochismo (la tendenza tutta napoletana a farsi del male da soli). I primi a rimetterci in tutta questa stupida ed insulsa “faida” sono il Mister ed i ragazzi sul campo, i cui visi e sguardi a fine gara erano tutto un programma. L’espressione attonita dei calciatori, il modo in cui si è perso, lo spessore che questa tenzone sta assumendo, induce a riflettere se quella col Milan sia stata una frenata o una franata. Cui prodest? Viene da chiedersi. A nessuno viene sensatamente da rispondere. C’è una “guerra” di posizione in atto tra frange (più o meno organizzate) di tifo (Ultras) e la SSC Napoli il cui esito (o non esito) rischia, nemmeno troppo teoricamente, di buttare nel water closet (al cesso) quello che ancora non si è vinto, essendo peraltro gli unici a poterlo perdere e a non poter nemmeno tirare lo sciacquone.

E’ utile che chi dice di tifare, non supporti la squadra e si metta a dispetto, stabilendo di non diventare, contrariamente alle altre migliaia di volte, il 12° giocatore aggiunto? E’ corretto ritenere che gli Ultras siano tutti dei facinorosi causa guai? Perché nel settore ospiti entrano tamburi e striscioni vietati invece alle frange organizzate nostrane? Con i controlli e le tecnologie disponibili, è impensabile tenere lontano dagli stadi chi vi delinque? E’ giusto intossicare il sogno di quei tifosi che aspettano da oltre 30 anni questo momento? Quale reale unità di intenti rivendicano gli Ultras se poi litigano tra loro sugli spalti addirittura durante la partita? Si è già detto di esempi in cui il tifo organizzato è uno spettacolo nello spettacolo e convive pacificamente con l’ambiente sportivo, è possibile, (il muro giallo di Dortmund, il You’ll never walk alone di Anfield ad esempio): la SSC Napoli ne è consapevole? Non varrebbe la pena instaurare un dialogo costruttivo tra le varie parti coinvolte (Istituzioni, Società e tifosi) per rendere ciò compatibile anche a Napoli? I prezzi dei biglietti per le partite di Champions sono in linea con quelli praticati altrove e sono determinati, come accade nel libero mercato, dall’ incontro tra domanda ed offerta, ne sono al corrente gli Utras? Ci si rende conto che il tifo disorganizzato non è in grado nemmeno di intonare un banale e basilare “Napoli cha cha cha” ?

Sono queste buona parte delle domande che stazionano nella mente di chi scrive che una propria idea ovviamente ce l’ha ma che vuole lasciare libera l’opinione del lettore di turno. Gli Ultras hanno una loro “ideologia” per la quale i nemici, presunti o reali che siano, equivalgono a stellette di merito da appuntarsi sul petto.

Un amico, malato del Napoli, non un Ultras, storico assiduo frequentatore dello stadio, mi diceva di una piece teatrale dal titolo “Non Plus Ultras” di A. Pantaleo e G. Spezzano che ben rappresenta il fenomeno Ultras per l’appunto, che ci si promette di vedere se dovessero di nuovo rappresentarla. Portare allo scontro persone che “la faccia nera l’ho dipinta per essere notato” (come cantava Pino, a proposito di “follia”), equivale per loro ad una questione di orgoglio, si finisce quasi per fargli un piacere. E’ per questo che chi scrive un’aspettativa di saggezza la ripone nella SSC Napoli: non sarebbe meglio se la Società, più assennata, fosse ragionevole e parsimoniosa anche nelle sue esternazioni e facesse il primo passo verso una diplomatica fine delle ostilità che consentisse a chi vuole tifare in modo organizzato di farlo in maniera lecita e pacifica? Si eviterebbe in questo caso di dar adito ai malpensanti di supporre che dietro questo atteggiamento ci sia il preciso intento da parte della Società di fare un dispetto agli scalmanati Ultras e di togliersi il sassolino dalla scarpa per l’attacco subito in estate. I mal pensanti da parte loro smetterebbero di ritenere che a pensar male si fa sì peccato ma talvolta ci si indovina. Ammesso che il calcio sia proprio come il cinema, se dal cinema si può mutuare la gestione dei diritti di immagine, perché sacrificare la lecita aspettativa di chi vuole, ripetiamo pacificamente, organizzarsi per tifare? In fin dei conti coreografie, cori e striscioni a festa, non fanno immagine pure loro? All’assioma “lo stadio come un teatro”, chi scrive non crede, è del parere che stadio e teatro siano luoghi differenti, entrambi da rispettare, dove poter godere pacificamente, con regole lecite e diverse, di un differente spettacolo.

E’ giusto che chi legittimamente detiene la proprietà di un’impresa, in questo caso la SSC Napoli, ne determini l’indirizzo economico e la politica aziendale; appare miope però farlo senza considerare (se non riconoscere) un minimo di appartenenza (che non è proprietà e nemmeno possesso) ad una massa di gente appassionata, (a prescindere se si è tifosi organizzati o disorganizzati Ultras o meno) che talvolta fa debiti per comprare un biglietto e che quell’Azienda, quel business, li alimenta.

“Ci vuole orecchio” cantava il dottor Enzo Jannacci, chi più ne ha più ne presti all’ascolto nel tentativo di favorire una sintesi a beneficio del Popolo Azzurro tutto. Il tifo è irrazionale, e Napoli lo è già di suo, è cuore più che mente e “o core nun se venne e c’è chi capirà” (cantava sempre Pino), speriamo presto !

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