Ha fatto sorridere la vicenda della mamma di Pavia. Ha fatto sorridere, ma non solo.
Ne abbiamo parlato per giorni, discusso, ci siamo divertiti ed immedesimati, nell’uno e nell’altro ruolo e tra qualche battutina e qualche aneddoto abbiamo, un po’ tutti, affrontato una tematica molto importante.
Ma perché i giovani italiani vanno così tardi via di casa?
La vicenda
La “nota signora di Pavia” ha, ormai, 75 anni e due giovanotti ancora per casa di 40 e 42 anni!
Adulti, sani ed in salute anche se con un lavoro, purtroppo, precario.
La donna, pur attaccatissima ai due figliuoli, non ne può più di averli ancora per casa: non contribuiscono né all’economia né alla cura della stessa, anzi tutt’altro. Rientrano tardi, lasciano in giro le loro cose, mostrano poco rispetto.
Fintantoché non è proprio la cara mammina a dare una svolta: si rivolge al tribunale di Pavia ed ottiene l’ambito traguardo: il giudice le da ragione ed ordina lo sfratto ai baldi giovanotti. I due fratelli devono lasciare la casa entro il 18 dicembre!
La sentenza si basa sull’assunto giuridico in base al quale : “non esiste alcun obbligo che attribuisca al figlio maggiorenne il diritto incondizionato a permanere nell’abitazione dei genitori, tutt’al più se contro la volontà degli stessi.
A quanti anni i giovani lasciano la casa dei genitori?
In generale, e la regola è valida per tutti gli europei, è la donna a lasciare per prima, rispetto all’uomo la casa dei genitori.
Un po’ ovunque, nel vecchio continente, le ragazze se ne vanno di casa intorno ai 28 anni ed i ragazzi intorno ai 30.
Fa eccezione solo la Finlandia, paese in cui la media si abbassa notevolmente, e siamo sui 20 e 22 anni.
Gli italiani ed il loro nido
Dal 2010 al 2012 l’età media degli italiani che si apprestano a lasciare la famiglia di origine si è innalzata di ben 5 anni.
Ma cosa determina tutto ciò?
Le ragioni principali sono da rintracciare nelle seguenti circostanza:
- Stipendi troppo bassi e precarietà
- Lunghezza degli studi
- Motivazioni sociali
L’Italia è l’unico paese europeo dove gli stipendi negli ultimi 30 anni sono addirittura diminuiti, questo dato unito alla precarietà del lavoro rende sempre più difficile l’accesso a mutui ed affitti e quindi alla conquista totale dell’indipendenza.
L’ingresso nel mondo del lavoro è, inoltre, ritardato dalla lunghezza degli studi e dal livello di istruzione mediamente più basso rispetto alla media europea, altro dato, quest’ultimo, che ne acuisce le difficoltà per l’ingresso.
E da considerare, infine, è anche il rovescio della medaglia.
Le strutture familiari italiane sono ancora un po’ troppo “protettive e tradizionali”.
La nostra signora di Pavia che si ribella all’attaccamento dei suoi figli alla sua gonnella è solo un’eccezione.
La regola è – e qui chiediamo soccorso, stravolgendolo un po’, ad un famosissimo detto popolare – “che Ciccio non se ne vuole andare e Maria non lo vuole mandare!
Figli bamboccioni sono un po’ anche la gioia di mamma e papà: riempiono le giornate e, spesso, evitano vuoti e solitudine a genitori chioccia che incentrano attorno a loro la costruzione della vita intera.
La soluzione parte da un’analisi completa del problema.
Ed, inoltre, ci vorrebbero maggiori attenzioni della politica e delle istituzioni non solo per le giovani ma, anche, per le fasce d’età più mature.
Creazioni di centri d’ascolto e per il tempo libero. Sconti su viaggi e soggiorni, su iniziative culturali.. tante piccole attenzioni che potrebbero concorrere a rendere più piacevole ed allettante il trascorrere del tempo libero per quelle fasce d’età che, magari compiuto il ciclo lavorativo, hanno paura di cadere nella solitudine.