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Mixed by technology

Giorni fa i vari TG hanno dato notizia di una serie di truffe digitali su larga scala, in cui sono state inconsapevolmente coinvolte celebrità internazionali inclusi alcuni esponenti della famiglia Berlusconi.

La truffa si basava sull’uso di video falsi generati dall’intelligenza artificiale che presentavano celebrità e personaggi influenti, apprezzati nei più disparati settori (lo sport, la finanza, l’imprenditoria, la politica, lo spettacolo), in veste di promotori di piattaforme finanziarie fittizie. Questi video, di apparenza estremamente realistica, venivano diffusi da truffatori senza scrupolo sulle principali piattaforme social per attirare gli utenti in schemi di investimento finanziari fraudolenti che promettevano guadagni facili, cospicui ed immediati.

I personaggi “clonati” utilizzati per la truffa, non hanno ovviamente mai aderito alla campagna di promozione finanziaria, né hanno mai preso parte ad alcuna iniziativa analoga. La loro immagine, in termini di figura, movenze, espressività, gesticolazione, voce, è stata replicata dall’intelligenza artificiale in maniera praticamente indistinguibile dall’originale.

Tra i vari personaggi riprodotti si annoverano Elon Musk, il primo ministro britannico Rishi Sunak, l’ex vice primo ministro di Singapore Lawrence Wong, Tom Hanks, Taylor Swift. Sia l’Amministratore Delegato di Mediaset che la Presidente del Gruppo Mondadori (gli esponenti della famiglia Berlusconi “clonati” truffaldinamente), hanno prontamente denunciato il fatto alle Autorità Giudiziarie competenti.

Per quanto la truffa dei falsi video generati dall’AI rappresenti una minaccia decisamente grave che pone serissimi e molteplici problemi in termini di etica digitale, pensavo che la notizia, seppur battuta a più riprese dai principali telegiornali, si fosse allontanata dalla mia mente senza lasciare traccia, liberando “in memoria” spazio per altri avvenimenti. Succede poi che svariate sere dopo la notizia truffaiola, su una delle varie piattaforme televisive disponibili, vedo “Mixed by Erry”, film del 2023 molto ben diretto da Sydney Sibilia.

Vincitore di 3 nastri d’argento e con un incasso di tutto rispetto, il film trae spunto, “fumettandola” come di solito accade nelle rappresentazioni cinematografiche, da una storia vera tratta dall’omonimo libro di Simona Frasca. Il film è gradevolissimo, se decidete di guardarlo vedetelo fino alla fine, sino a giù in fondo i titoli di coda; gli ultimi frammenti di pellicola vi riveleranno la geniale trovata di un particolare che nella narrazione cinematografica tende a perdersi ma che scoprire proprio alla fine è una vera delizia.

La storia, ambientata nella Napoli di metà anni ’70 fino ai primissimi anni ’90, è quella dei fratelli Frattasio, in particolare di uno di loro Enrico (Erry), intenditore appassionatissimo di musica con l’aspirazione di diventare disk jockey. I Frattasio riuscirono a creare un’impresa, anzi un vero e proprio impero, grazie alle musicassette contraffatte vendute in tutta Italia e anche fuori dai patri confini. Certamente è una storia di malaffare, di contrabbando, di pirateria ma anche di sogni e di passione.

Finito il film, appena svanito il sorriso beffardo che gli ultimi fotogrammi tra i titoli di coda avevano impresso alla mia mimica facciale, succede che gli occhi, freschi di visione, si sintonizzano con la mente chiedendole di fare uno scandisk e di recuperare in qualche reminiscente angolo recondito, traccia della notizia della frode digitale di qualche giorno prima. Il file tenta di opporre resistenza ma viene scovato, ne segue una zuffa che manda in frantumi il film e la notizia. E’ allora che ‘a cerevella per non lasciare in disordine si mette a raccogliere i pezzi e a riunirli. L’opera di assemblaggio o forse meglio di messa a fuoco, origina un po’ di pensieri che vado appresso esponendo.

Il primo pezzo da sistemare riguarda il malaffare. E’ un dato di fatto che le scoperte tecnologiche si trascinano appresso anche un’evoluzione di fattispecie illecite. L’ “invenzione” delle radio con gli audio registratori incorporati e dei video registratori, diedero vita al fenomeno delle cassette e dei VHS contraffatti. Il passaggio successivo al supporto ottico (i DVD), sembrava essere la soluzione che mettesse fine al problema, ma durò in pratica quanto da Natale a Santo Stefano perché poco dopo si scoprì il sistema di duplicare pure i DVD. Se rapportato ai tempi attuali la pirateria su nastro appare un romanzo preistorico. Con Internet ed il suo sviluppo, cassette e DVD pirata hanno lasciato posto al download selvaggio, ossia alla possibilità di scaricare (spesso anche illegalmente, specie agli esordi della rete) files che contengono opere (film e musica prevalentemente) coperte da copyright.

Lo sviluppo del commercio elettronico poi ha visto il proliferare dei furti di identità digitale divenuti via via sempre più sofisticati e difficili da intercettare. Il furto di identità si verifica quando qualcuno si sostituisce ad un’altra persona dopo averle rubato alcuni dati (si pensi anche alle password, credenziali di accesso, n° di carta di credito etc..), assumendone le sembianze digitali tramite l’uso di informazioni personali. In entrambi i casi (contraffazione e furto di identità), parliamo di reati penalmente perseguibili. Il secondo frammento da comporre è il talento.

Già perché ci vuole sicuramente talento a far evolvere la tecnologia, a scoprire ritrovati o soluzioni avanzate che possano essere industrialmente applicate o diventare protocolli, sistemi, ma credo ci voglia altrettanto talento per neutralizzarle e renderle inutilizzabili, desuete. Ciò paradossalmente spinge la ricerca a progredire e perfezionarsi sempre più. Si pensi ai più avanzati sistemi di sicurezza (la cybersecurity oggi è più che mai attuale) e agli hakers che sistematicamente tentano di neutralizzarli.

Gli hakers commettono reati, va detto chiaramente, anche in quel caso però è una questione di capacità, di bravura. Ciò che fa la differenza è la tendenza, l’instradamento del talento al bene oppure al male. Il terzo coccio da mettere in ordine riguarda i contenuti. L’evoluzione tecnologica di per sè tende a migliorare le perfomances: connessioni più veloci, “memorie” più capienti, capacità di calcolo più estese e precise, analisi complesse di dati sempre più numerosi e rilevanti etc… Tutto questo non avrebbe alcun senso se non fosse riempito di contenuti ossia di dati, preferenze, aspettative, attitudini, musica, film, opere.

Molti di questi contenuti li alimentiamo noi connettendoci ad esempio ai vari social media o comprando on line un prodotto. Fin dagli albori i contenuti sono stati un terreno molto ambito dai signori della rete, l’aveva da subito intuito quel geniaccio di Steve Jobs, iTunes vi dirà qualcosa! L’intelligenza artificiale sembra aver risolto questo “problema” (creandone probabilmente molti altri). L’AI devia, senza spostarla del tutto, la visuale dell’evoluzione tecnologica dalle performances ai contenuti, essendo in grado di generare o di replicare opere, composizioni, attività assolutamente verosimili, realistiche e difficilmente distinguibili dagli originali. “Io ne ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi …” è l’incipit del monologo che in Blade Runner, film cult del 1982 diretto da Ridely Scott, liberamente ispirato al romanzo “Il cacciatore di androidi” di Philip Kindred Dick del 1968, il replicante Roy Batty (l’attore Rutger Hauer) pronuncia in punto di morte al poliziotto Rick Deckard (impersonato da Harrison Ford) che avrebbe dovuto ucciderlo ma che egli invece trae inaspettatamente in salvo.

Resta da comprendere cosa ci sarà “al largo dei bastioni di Orione”. Se mi è consentita una digressione fantasiosa e inverosimile, saltando di palo in frasca, al largo dei “bastioni di Orione” preferirei trovare ancora la resiliente costruzione di una pazienza che non si arrende e diventa speranza, che non cede all’agonia e diventa vincente, in pratica ….. SINNER!! Grande, anzi immenso!

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