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L’ Era Covid: Bambini ed aggressività

A scuola ci hanno abituati a pensare al mondo avanti Cristo e ad un mondo dopo Cristo, perché la nascita del Salvatore, ha segnato una svolta nella cultura e nella vita degli esseri umani: ne è seguito un nuovo modo di vivere e vedere la religione, nuovi riti, nuove tradizioni e tutto quanto altro ne concerne, così come lo conosciamo fino ai giorni nostri.

Oggi credo che siamo davvero ad un punto di svolta e dopo ben duemilaventi anni dalla nascita di Cristo, credo che bisogni iniziare a rivedere il modo di ripartire la storia segnando un nuovo spartiacque tra il mondo pre-Covid e il mondo post-Covid.

Ebbene se pur così fosse e questa non sarebbe soltanto una mia fantasia giornalistica, bisognerebbe comunque precisare che siamo ancora lontani dal riuscire a demarcare una linea retta tra le due ere, perché ci troviamo ancora, ahimè, nel pieno della pandemia dove tutto, ma proprio tutto, sta cambiando.

Purtroppo cosa sta cambiando in meglio ancora non riusciamo a percepirlo, mentre ci accorgiamo bene dei cambiamenti peggiorativi che ci stanno coinvolgendo.

Cambiamenti e problematiche di vario genere, che riguardano da vicino la nostra quotidianità in tutti i suoi aspetti: le relazioni, la scuola, il lavoro.

Credo, forse perché particolarmente sensibile all’argomento, che lo scotto maggiore lo stiano pagando bambini ed adolescenti.

Il sistema scolastico stravolto, le attività sportive quasi cancellate e la vita sociale ridotta all’osso, stanno davvero mettendo a dura prova la crescita psico-fisica dei bambini e l’equilibrio psichico di tutti, ma soprattutto dei giovani.

Diversi studi in tutto il mondo, hanno dimostrato che lo stato di pandemia ha portato ad un aumento delle manifestazioni di aggressività e di altri svariati disturbi psico-somatici.

Ansia, panico, manifestazioni di eccessivi stati di stress, disturbi alimentari e dì fenomeni di autolesionismo sono stati all’ordine del giorno, nelle famiglie di tutto il mondo, negli ultimi due anni.

Separati dai compagni, spesso senza scuola e senza attività sportive, i più piccoli e i più giovani, si sono ritrovati a dover gestire la loro quotidianità all’interno esclusivamente della famiglia e della casa che è divenuta al tempo stesso luogo di lavoro, di studio e di isolamento.

Con cosa hanno occupato il tempo? Con i telefonini, le chat, i videogames o il cibo…

Certo internet ha permesso loro di conservare un baluardo di contatto e comunicazione, ma non certamente di relazioni, la società di prima si è ridotta, più che trasformata, in una società a distanza.

Come conseguenza sono aumentati i problemi del sonno, l’ansia, l’irritabilità, i disturbi alimentari; tutti disagi che sono sfociati a loro volta in aggressività verbale o fisica verso i genitori e, talvolta, verso se stessi, tristezza, bassa autostima, scarsa concentrazione, generale senso di apatia e, il cosiddetto ritiro emotivo, ovvero un meccanismo di difesa che porta alla chiusura e al distacco dalla realtà.

C’è anche chi traduce il malessere mentale in sintomatologia fisica, accusando dolori addominali, mal di testa e così via. Appare evidente che per affrontare e superare al meglio tali situazioni di disagio si renda necessario un adeguato sostegno da parte dei familiari e delle persone più vicine e, talvolta, anche da parte di professionisti specializzati.

Incrociamo le dita e speriamo che i nostri ragazzi siano più bravi di noi ed appena (appena è un avverbio gonfio di speranza) tutto questo sarà un po’ passato, siano in grado di riprendersi alla grande e, con poche conseguenze, la gestione della propria “normalità”.

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