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Allarme ludopatia

Tornando a casa per una delle strade più larghe della mia città, anzi forse la più larga, che consente agevolmente il transito in entrambi i sensi di marcia e il parcheggio su ambo i lati, ad un certo punto mi sono dovuta fermare, perché non riuscivo a proseguire e mi sono resa conto che vi era una schiera di automobili parcheggiate in seconda o, addirittura, terza fila dinanzi ad un esercizio commerciale.

Il freddo era tanto ed era impossibile pensare ad una di quelle allegre feste, quando bambina assistevo alla cerimonia prenuziale che raccoglieva centinaia di persone sotto la casa della sposa alla vigilia delle nozze.

Mi sarebbe piaciuto far conoscere alle mie bambine la “tipica” serenata e divertirmi un po’ insieme a loro, ma non era quello, non c’era musica ne scene simile, non se ne vedono da anni, giustamente non vi è più lo spirito e la pandemia ha reso ancor più rara qualsiasi manifestazione aggregante .

Lì per lì non capivo, le automobili erano tutte vuote, non c’erano ambulanze e per fortuna nessuno sembrava essersi fatto male.

O forse si stava facendo male più di una persona, perché ad un certo punto mi sono resa conto che le auto erano accalcate in prossimità di un centro scommesse. Ho sbirciato un attimo dal finestrino ed ho notato che era affollatissimo.

Nello stesso momento mi sono ricordata della storia raccontatami da una persona a lavoro. Un uomo giovane, classe 1975, imprenditore, uno di quelli che sa il fatto suo, sempre sicuro di sé, indaffarato, con mille conoscenze e centomila cose da seguire. Eppure, con una angoscia incredibile per un figlio appena diciottenne in cura da tempo presso un centro specializzato per il recupero da dipendenza da gioco in età giovanile.

Tornando a casa ho pensato che in queste ultime settimane siamo stati, giustamente, presi dalle preoccupazioni per la guerra. La paura dell’attacco nucleare, le conseguenze economiche e sociali di un conflitto assurdo e drammatico, le immagini dei media, la disperazione della gente, ci hanno, per così dire “distratti” dalle emergenze del quotidiano a noi più prossimo. Però la guerra non è l’unico problema dei nostri tempi.

C’è una problematica che attanaglia la nostra vita di tutti i giorni e che sta raggiungendo dimensioni esponenziali ed allarmanti: la ludopatia. Il fenomeno, antico e diffuso da moltissimi decenni,  sembra essere stato incrementato dalla pandemia ancora in corso.

L’isolamento, l’incertezza sul futuro, la mancanza di relazioni sociali dirette, la difficoltà degli spostamenti hanno finito per penalizzare i soggetti più deboli ed accentuare o, addirittura, contribuire a far emergere problematiche che fino ad ora potevano essere marginali o totalmente assenti. Una di queste è la dipendenza dal gioco. Secondo l’Osservatorio Nazionale i malati da DGA (dipendenza dal gioco d’azzardo) in Italia sono circa 1,3 milioni spalmati in tutta la penisola, ma il podio spetta ad Abruzzo, Lombardia e Campania.

Purtroppo si tratta di una vera e propria malattia capace di causare una dipendenza simile a quella degli stupefacenti, tanto che appare inesatto il termine comunemente utilizzato di ludopatia, perché di piacevole in chi ne è affetto non vi è neppure il gusto del gioco. Si entra in un circolo vizioso che finisce per alimentare ancora di più l’isolamento, la perdita di autostima, la depressione, i disturbi alimentari, il tutto spesso associato a consumo di alcool  o altre sostanze psicotrope. Questo per quanto riguarda i costi “personali” degli ammalati. Ma la ludopatia (permettetemi di utilizzare ancora qualche volta questa terminologia che, seppure inesatta, rende perfettamente l’idea) ha anche costi elevatissimi sul piano familiare e sociale. Porta molto spesso alla bancarotta, all’indebitamento, è causa di separazioni, liti in famiglia ed è, ahimè, l’anticamera per il ricorso a forme di finanziamento illecite e criminose. Insomma una piaga sociale atroce ed infima.

Lotto, enalotto, gratta e vinci ma anche cavalli, gioco d’azzardo, scommesse sportive, poker ed uscendo dall’orbita dei bar, tabacchi e sale gioco possiamo continuare l’elenco (impossibile da esaurire in questa sede) per le svariate sfaccettature che il fenomeno assume in rete. Il Libro Blu pubblicato dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha dimostrato che durante il lockdown sono aumentate il numero delle giocate e dei giocatori. Nello stesso tempo è aumentato anche il numero dei giocatori “più giovani”.

Il fenomeno della ludopatia in età infantile e giovanile è allarmante almeno quanto quello del rischio che nella stessa età hanno i ragazzi di cominciare a familiarizzare con droghe ed alcool. In realtà la dipendenza da gioco può cominciare in giovanissima età e porre le sue fondamenta quando si inizia a familiarizzare con videogiochi su consolle o su smartphone. Continua poi subito dopo quando si riesce a proseguire coi giochi che richiedono un pagamento dal traffico telefonico o con l’inserimento di carte di credito o prepagate per l’acquisto di livelli superiori, vite, nuovi personaggi e così via… Ed è lì che si entra nella forma della patologia e della dipendenza. I ragazzi cominciano ad isolarsi, a nascondersi, a diventare violenti coi genitori, svogliati a scuola, irascibili, a dar di matto se viene sottratto loro il cellulare ed, ahimè, cominciano a rubare carte di credito ai genitori, ai nonni, ai fratelli più grandi.

Stiamo parlando di una problematica molto seria che prevede tempi di recupero lunghi e costosi. Ovviamente in Italia i centri specializzati sono tanti ed i professionisti sono tutti bravissimi e motivati.

Ma il fenomeno va comunque contrastato, arginato ed evitato.

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