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Lucio il bolognese-napoletano.

C’è una data incisa nella storia della musica italiana e non solo perchè titola una canzone famosissima ma pure perchè ci ricorda il giorno in cui è nato il suo autore: 4-3-43. Lucio Dalla non era veramente figlio di uno sconosciuto che veniva dal mare e la sua mamma, quando gli diede la luce non era una sedicenne; aveva 42 anni. La tenerezza di quel racconto, però, come la magia dei grandi film in bianco e nero di Frank Capra o il calore delle storie raccontate vicino ad un camino ci conquistava e ci faceva guardare finanche negli occhi quel neonato che si chiamava Gesù Bambino.

All’inizio Lucio scriveva solo la musica nelle sue canzoni e si impose subito come “il tipo stravagante” che il pubblico italiano non era ancora pronto a capire. Le grandi eccezioni furono infatti “4-3-43” e “Piazza Grande”: troppo “eterne” per non poter essere amate dalla grande platea.

Il bello doveva ancora venire e una anticipazione del futuro Dalla, la si avrà con “Automobili”, il 33 giri che scrive insieme allo scrittore Roberto Roversi uscito nel 1976. “Ci sono stati momenti in cui potevo decidere di chiudere con questo lavoro” disse in una intervista, “perché non mi divertivo più”. La collaborazione con il poeta-partigiano finì per disaccordi tecnici e di metodo ma il seme era piantato e i frutti arrivarono numerosi e dolcissimi.

La svolta furono i testi che il musicista cominciò a scriversi e il primo lavoro fu “Come è profondo il mare” del 1977che inaugurò una nuova pagina della nostra canzone. Lo “strano del villaggio” abbinava il grande talento di compositore melodico ad uno stile di poesia forbito e poderoso: nessuno mai prima di lui; ecco perché entra a pieno diritto nel tempio sacro dei cantautori. Non ne uscirà mai più perché il suo fertile genio produrrà decine e decine di capolavori che faranno da colonna sonora anche a numerose generazioni del futuro.

Personalità poliedrica, dai molteplici interessi e grande fiuto nello scoprire talenti. Luca Carboni racconta che quando era sconosciuto, gli lasciò una musicassetta, nel ristorante frequentato dall’artista, il quale, dopo averla ascoltata volle subito parlargli e complimentarsi.

Raccontò al giornalista Mollica, della Rai, che nonostante avesse suonato con Ray Charles, mito della sua adolescenza, solo dopo aver sentito cantare, una sera a cena, Roberto Murolo, si era reso conto della bellezza del mondo.

Un grande e confessato amore, Lucio Dalla lo aveva con la città partenopea: se ci fosse stata la possibilità di farsi iniezioni di napoletanità, le avrebbe pagate anche centomila euro, diceva. “La musica napoletana, al mondo, non ha rivali e Napoli non è una città ma una nazione, una repubblica”.

Alla città del golfo egli ha regalato una delle sue perle più amate: “Caruso”, dedicata al più grande tenore del novecento. Il mese di marzo ci ricorderà sempre questo bolognese-napoletano che ci ha lasciati da dieci anni e che fu concepito “sopra un bel prato, nell’ora più dolce prima di essere ammazzato”.

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