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17 Gennaio Sant’Antonio Abate tra fede e tradizioni

Da sempre conosciuta come Festa dei Fuochi o Festa degli Animali è un giorno particolarmente sentito soprattutto nelle piccole comunità, un giorno in cui fede e folklore si mescolano in un gioco di tradizioni tutte italiane.

Passato alla storia per la sua vita ascetica e per il suo amore per gli animali, sant’Antonio Abate rappresenta una delle figure più note all’interno del calendario liturgico e non solo.

La figura

Secondo la tradizione, Sant’Antonio è, per l’appunto, il primo degli abati.

Nato nel 251 in Egitto da una famiglia agiata, rimasto orfano a soli 19 anni, decise di abbracciare la vita ascetica rifugiandosi nel deserto e continuando l’esistenza in totale dedizione alla preghiera, praticando il digiuno ed in solitudine.

Molti altri decisero di seguirlo ed attorno ad Antonio si creò una piccola comunità di eremiti tanto da fargli, in seguito, aggiudicare l’appellativo di padre del monachesimo.

In vita fu anche un noto taumaturgo: molti gli si rivolgevano per chiedere il miracolo della guarigione da malattie e possessioni demoniache.

Sant’Antonio amava gli animali ed, infatti, si narra fosse morto  a 105 anni da solo nella sua stalla in compagnia solo di questi ultimi. Si dice anche che durante il viaggio verso il mare una scrofa avesse lasciato ai suoi piedi un maialino molto malato che guarì grazie alla preghiera; il maialino divenne poi il suo migliore amico.

Ma le leggende che vedono Antonio legato agli animali sono tantissime.

Secondo un’altra credenza durante la notte tra il 16 ed il 17 gennaio gli animali intorno a lui cominciarono a parlare; prodigio che sembrerebbe essersi ripetuto in seguito nel corso dei secoli.

Un’altra storia vede sant’Antonio scendere tra gli inferi per salvare alcune anime distraendo satana grazie al suo maialino con una campanella legata al collo.

Sant’Antonio e il fuoco

Antonio morì più che centenario.

Nei secoli successivi (nonostante le volontà contrarie espresse in vita) le sue reliquie furono portate in Francia e fu costruita una chiesa per custodirle.

Nel 1090 una terribile epidemia colpì alcune province francesi con esplosioni cutanee simili ad un “fuoco” ; i suoi effetti erano spesso mortali o, quanto meno, molto invalidanti. Il morbo si diffondeva velocemente, tuttavia, intorno alla chiesa di sant’Antonio si registrarono molte guarigioni miracolose.

L’episodio diede origine alla fondazione di un nuovo ordine religioso e di numerosi ospedali per la cura della malattia che da allora in poi diventa conosciuta come fuoco di sant’Antonio.

Anticamente il morbo veniva curato con unguenti a base di lardo di maiale e da lì le raffigurazioni del santo insieme al suo amico maialino.

Sant’Antonio oggi

La leggenda del morbo, quella della discesa agli inferi ed ancora un’altra che vede sant’Antonio rubare il fuoco all’inferno per donarlo agli uomini quale fonte di calore e luminosità, hanno portato al perpetuarsi della tradizione dei falò, durante la notte tra il 16 ed il 17 gennaio, fino ai giorni nostri, soprattutto nelle zone rurali di alcune regioni d’Italia.

In realtà, nei tempi attuali, il permanere del rito simboleggia, piuttosto, il lancio tra le fiamme delle vecchie preoccupazioni e la benedizione dei nuovi propositi. Rimane,inoltre, nelle parrocchie di molti comuni d’Italia la benedizione degli animali domestici e da cortile.

A Roma, per l’occasione, arrivano in piazza San Pietro mucche, asini, pecore, polli e conigli delle razze più rare salvate dal rischio di estinzione.

E rimane tutt’ora il culto di sant’Antonio Abate quale protettore degli animali, degli allevatori e dei contadini.

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