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Le voci di dentro

Quel che resta del giorno

C’è un confine, un limite, in cui il giorno e la notte si incontrano avvicendandosi lentamente, gradualmente. E’ una linea immaginaria, variabile a seconda del periodo dell’anno, in base alla rotazione orbitale della Terra intorno al Sole. In gergo tecnico questa linea o meglio curva si chiama “terminatore” o anche “circolo di illuminazione” e delimita la parte illuminata da quella in ombra di un corpo celeste, il pianeta Terra per noi umani.

Nella partita vinta in casa contro l’Hellas Verona le castagne dal fuoco le ha tolte il georgiano con la maglia numero 77, è stato lui la parabola (e che parabola!) divisoria della luce dalle tenebre, il “terminatore” di un corpo tutto azzurro e niente affatto celeste.

E’ stato lui il nostro fiore nel deserto, perciò il titolo di un album del 1995 di Pino Daniele, suona facile facile anche come invito a chi di dovere a “Non calpestare i fiori nel deserto”. Lui in carne ed ossa non il suo contratto, proprio Khvicha Kvaratskhelia, testa, gambe, cuore ed estro, al quale un contratto invece, impone di guadagnare molto meno del valore che il mercato (ma non il suo Club) sarebbe disposto economicamente a riconoscergli.

La partita col Verona non ha offerto particolari squilli di chat; il ritorno di Anguissa dalla Coppa d’Africa, ha riproposto per l’ennesima volta la solita constatazione di Brepp alla quale si è aggiunto stavolta con forza anche Eduardo che per l’anno prossimo invoca ”Folorunsho assolutamente al posto di Anguissa”.

Giusto per rimarcare la prestazione non proprio eccellente, sempre Brepp, affinchè la chat lo tenga bene a mente, ha ricordato che “con Mario Rui in campo giochiamo sempre con la difesa a tre. Nel senso che giochiamo con uno in meno proprio. Mario Rui non sa difendere e fa il terzino. Facesse il panettiere transeat, ma di ruolo fa il terzino!”. Che col Verona Marittiello non sia incappato in una delle sue migliori prestazioni sono d’accordo, un po’ meno sul giudizio, che non può essere tranchant ma che a mio avviso va rivisto a seconda del caso, partita per partita.

A fare da sfondo alla sfida contro il Verona e a tenere banco più della gara stessa, sono state le dichiarazioni rese dal Presidente, intervenuto (o intromessosi decidete voi) nella rituale conferenza stampa pre partita. Devo sinceramente confessare, da tifoso e da napoletano, che mi sono sembrate, senza mezzi termini, imbarazzanti! I toni (da Terminator lungi dall’essere “terminatore”), il modo ed il linguaggio sin troppo esplicito, talvolta volgare (le cose hanno un loro nome!), mi sono parsi per lo meno inappropriati ad una società di respiro internazionale che rappresenta Napoli!

Nel merito poi, ancora non riesco a comprendere se alcune asserzioni, al netto del discutibile “folklore”, siano il prodotto della confusione societaria divenuta ormai sovrana e irreversibile, il frutto della più involuta fantasia, oppure un’abile manovra di distrazione di massa. Lindstrom, che nella conferenza era stato nominato manco fosse un concorrente del Grande Fratello, per giunta con tanto di foglietto a corredo, entra a partita in corso e riesce ad incidere nello scampolo di gara riservatogli contro l’Hellas giocando nel suo ruolo; era stato però comperato non per fare il trequartista che è il ruolo suo, ma per sostituire Lozano e giocare come ala. In campo non si va per competere e caso mai per vincere bensì per sperimentare, ecco perché Zielù è fuori dalla lista UEFA (speriamo non proprio fuori rosa): mica per scomunica papale quindi, piuttosto per testare se chi è appena arrivato sia abile e da arruolare oppure da rispedire al mittente: ma non lo si può intuire prima? Non è esattamente ciò che dovrebbe fare un Direttore Sportivo ed il suo scouting? Numeri! Verrebbe da dire, se non fosse che la cosa fa il paio con la formula del prestito “soddisfatti o restituiti” che la Società sparagninamente predilige.

Mi viene in mente un detto vernacolare che dice: “rafaniè fatte accattà a chi nun te sape!”. A Napoli sappiamo invece bene che “’o sparagno nunn’è guadagno” perciò viene da chiedersi se tale formula effettivamente “paghi” e dia i suoi frutti. Ci eravamo illusi che il Napoli non fosse più un “cantiere in costruzione” ma un edificio definito, ultimato e ammobiliato, da arricchire magari con qualche prestigioso elemento d’arredo, che sò un marmo pregiato, un argento d’epoca, un quadro d’autore.

Tralasciando alcune tra le cose dette dal Presidente che mi sembrano condivisibili, (ad esempio la stantìa ripetitività di talune conferenze stampa e la presenza delle telecamere negli spogliatoi), non mi pare di cogliere, tra i tifosi, i media, gli opinionisti di tendenza (senza scomodare la cultura), una qualche contrarietà che possa definirsi dissenso, avverso un sistema di impresa che appare sempre più inadeguato con l’attuale contesto pallonaro, che lungi dall’essere “circolo di illuminazione”, ”terminatore”, adotta modi Terminator like.

A Bari a fronte dei deludenti risultati dalla compagine locale, la piazza si spanteca, mumrmulea e protesta. A Napoli il “giudizio” sembra invece sospeso, quasi come se lo scudetto strameritato avesse cancellato il bisogno di attivare le sinapsi e muovere critiche ritenute discutibilmente non più necessarie. Evidentemente va bene così.


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