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Laura De Luca – Quando il Suono Diventa Voce

Laura De Luca, scrittrice, radiogiornalista, conduttrice e autrice radiofonica.,

Dal 1982 alla Radio Vaticana, ha studiato il fenomeno radio in diversi studi, saggi e convegni, indagando nel corso della sua vita in quello che ha definito “il mistero della voce”.

Su PassNews, abbiamo parlato di lei e della sua più recente pubblicazione, “I Sonetti di Shakespeare – dalla pagina al metaverso – libro parlante e illustrato”, pubblicato da Armando Editore, un testo che grazie alla possibilità di ascoltare i sonetti e di immergersi nei delicatissimi acquerelli della stessa autrice, trasforma il libro in una esperienza sensoriale. Molto intrigante è anche il suo “Breve storia filosofica della voce” Graphe.it:
“Quando, esattamente, il suono informe divenne voce? Che cosa lo snaturò (o lo elevò) a tal punto?”
Vi regaliamo un’intervista che ha gentilmente accettato di concederci, per comprendere a fondo il suo interesse verso la voce in sé.

Laura De Luca, sappiamo che l’attrazione per la voce nasce in lei precocemente: c’è un ricordo nel suo passato che si collega al desiderio/decisione di esplorare e studiare un tema così particolare?
Da bambina ascoltavo la radio, ai miei tempi c’era poca televisione. Ero affascinata dalla varietà di voci che uscivano da quella piccola scatola, offrendomi sfumature infinite ma anche contenuti diversi, e non solo attraverso i concetti che esse veicolavano, ma proprio attraverso la loro stessa “pasta sonora”. Un po‘ come succede con gli armonici degli strumenti musicali: indipendentemente dalla partitura e dalla volontà dei loro esecutori, c’è sempre un’infinita gamma di suoni che essi emettono per il solo fatto di essere legni, ottoni, cordofoni etc. Suoni inevitabili, dettati dalla materia. Senza la distrazione delle facce o dei gesti, ho imparato così a cogliere dalle sole voci un mondo di indizi e di intenzioni anche involontari eppure inevitabili. Per il solo fatto che esse provenivano da persone diverse, anzi uniche, le voci mi fornivano una quantità di informazioni sull’animo umano: eccitante! Di qui ho maturato la certezza che non ci sono maschere per la voce. E se la voce ci mette a nudo, vale la pena addestrarsi all’ascolto. É un esercizio poco praticato e un campo poco esplorato dagli stessi psicanalisti.

La voce può paradossalmente essere silenzio?
Contiene silenzi. Così come una partitura è un tessuto di note e di pause. Ed è soprattutto grazie a quei silenzi “interstiziali”, che ogni voce parla, esprime, trasmette. La voce è anche silenzio, certo, se accettiamo che anche il silenzio parla.

Quanto conta l’ascolto?
Il fatto che me lo chieda è già una risposta. Oggi tutti parlano e pochissimi ascoltano. Perché siamo così alienati? Perché parliamo da soli. Quanto conta l’ascolto? Quanto la pietà, l’attenzione per gli altri…

Per concludere: dopo averla tanto studiata, la voce, le è divenuta compagna di vita in un modo differente rispetto a tutti noi che ci limitiamo a usarla dandola per scontata. Ad oggi, può dire se è per lei strumento da amare o da temere?
Forse entrambe le cose. Basta pensare all’uso della voce che hanno fatto negli anni grandi leader politici, dittatori o capi di stato. Per molti di questi la voce è stato – è ancora – uno strumento di propaganda, di incantamento delle folle, di demagogia, perfino di plagio. Dovremmo per questo temere di ascoltare voci “pericolose”, come fossimo tutti bambini sedotti dal pifferaio di Hamelin? Semmai dovremmo attrezzarci per decifrare che cosa c’è dentro una voce: quanto di sentimento, quanto di calcolo e di finzione, e quanta verità.
Io amo tutte le voci che ascolto perché tutte mi svelano un po’ del mistero delle persone che le producono. E temo la mia voce quando mi mette a nudo. Ma poi anche la amo, e non perché me ne compiaccia, ma perché mi ricorda la bellezza di poter essere sinceri, al servizio di ciò diciamo e a coloro ai quali lo diciamo.

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