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Ma mi faccia il piacere.

Chi glielo spiega all’orologiaio del Vasto, quartiere popolare del centro di Napoli, che potrebbero entrare nel suo negozio i vigili urbani e comminargli una sanzione economica di 200 euro?

La multa non gli sarà fatta per avere la licenza scaduta o non in regola e nemmeno perchè non ha il cartello “Vietato fumare” affisso al muro. Lui è molto attento ai diritti e doveri di un piccolo imprenditore ma sta trasgredendo perchè la sua è una attività commerciale ed appese alla parete ci sono due fotografie.

Una, ritrae Totò e Peppino (senza “malafemmena”) nei pressi del duomo di Milano in procinto di girare l’iconica scena con il vigile urbano meneghino, l’altra è un primo piano del principe mentre ragiona, con quel suo modo irresistibile di farlo, in una famosa sequenza di “Toto e le donne“, sulle peculiarità del gentil sesso.

Cosa penseranno i proprietari del palazzone alla Sanità (altro quartiere partenopeo), lo stesso che ha ritratto sulla sua facciata la gigantografia dell’adorata coppia (Totò e Peppino) qualora dovessero intimare loro di rimuoverla? Lo capiranno che Totò non è più solo l’anima della città e una parte del codice genetico dei napoletani ma è pure un marchio?

Con i marchi non si scherza, sono il segno distintivo di una impresa e servono a tutelarla. Gli eredi hanno preso atto del fatto che il nome, le immagini e le poesie dell’artista erano e sono usate in innumerevoli attività economiche ed hanno deciso di adire a vie legali intimando a tutti di non ricorrere più ad esse pena il contenzioso giudiziario.

Un tribunale di Torino ( a quasi 900 km di distanza da Napoli) ha emanato le prime sentenze contro alcuni ristoranti dello stesso capoluogo piemontese, Porto d’Ascoli e Latina che si ispiravano ad Antonio De Curtis e tutto lascia pensare che siamo solo all’inizio.

La nipote del napoletano più amato di sempre fa sapere che “è una questione di rispetto per mio nonno” come se eliminare l’immagine del Totò da insegne, menù e biglietti da visita, a meno che non si paghi, sia un modo per aumentarne la stima di coloro che già lo considerano padre, fratello e musa ispiratrice.

Non spetta a noi giudicare bene o male questa decisione di “brandizzare il Principe” e allo stesso tempo dobbiamo rispettare i diritti riconosciuti dalla legge, ma non possiamo costringere il nostro inconscio ad eliminare la frase che ossessivamente ci importuna su questa considerazione di Elena De Curtis: …

(“Ma mi faccia il piacere”…).

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