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Improponibilità ex art. 148 Cod. ass.: la negligenza della compagnia elimina i presupposti

Corte di cassazione civile, sez. III, ord., 25 luglio 2024 n. 20802

Il caso affrontato dall’ordinanza in esame prende le mosse da un giudizio per risarcimento danni da sinistro stradale in cui si fa questione dell’osservanza del presupposto di proponibilità dell’azione ex art. 145 del D. lgs. 209/2005 (Cd. Codice delle assicurazioni private).

I requisiti della richiesta risarcitoria e la condizione di procedibilità dell’azione di risarcimento sono stati e continuano ad essere oggetto di attenzione da parte della giurisprudenza tanto di legittimità che di merito, chiedendo agli operatori una allerta costante sull’evoluzione dei pronunciamenti.

I due gradi di merito si svolgono nel circondario del Tribunale di Torre Annunziata.

Tizia subiva lesioni personali in occasioni di un sinistro stradale mentre era a bordo della moto di Caio in qualità di trasportata. Agiva in giudizio contro la compagnia assicurativa XY società mutua ass.ni ma la sua domanda veniva rigettata dal Giudice di pace con sentenza confermata dal Tribunale di Torre Annunziata (sent. 4 dicembre 2019). Mentre il giudice di primo grado aveva dichiarato la domanda di Tizia improponibile per non essersi ella sottoposta a visita medica (art. 148, comma 3, Cod. ass.), il Tribunale, pur confermando la sentenza, rettificava la motivazione, dichiarando che l’improponibilità dell’azione risarcitoria (art. 145, Cod. Ass.) fosse dovuta invece alla violazione dell’obbligo di integrazione della documentazione medica a richiesta della compagnia (art. 148, comma 5, Cod. ass.). L’attrice, infatti, non aveva provveduto, benché compulsata dall’assicurazione, all’invio della documentazione medica attestante la stabilizzazione delle lesioni asseritamente subite. Contro la sentenza d’appello del Tribunale di T.A. Tizia proponeva ricorso in Cassazione per due motivi.

Con il primo motivo Tizia evidenziava che il Tribunale non aveva tenuto in alcun conto il fatto che la documentazione medica fosse stata allegata alla iniziale richiesta di risarcimento inviata alla compagnia assicurativa con raccomandate del 3 settembre 2013; la stessa compagnia non aveva provato di non aver ricevuto tale documentazione, come invece avrebbe dovuto ex art. 2697 cc.

“Con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 148 comma 5 D.L.vo n. 209/2005, per avere il giudice d’appello omesso di attribuire rilevanza decisiva alla circostanza che la compagnia avversaria avesse contestato l’incompletezza della documentazione medica inviata dalla A. dopo la scadenza del termine di trenta giorni stabilito dall’art. 148 comma 5 D.L.vo n. 209/2005, con la conseguente impossibilità di rilevare l’improponibilità della successiva iniziativa giudiziaria a causa di tale incompletezza”.

Il secondo motivo, secondo la Cassazione, è fondato.

Prima di procedere ad esaminare la motivazione degli ermellini, facciamo un breve focus sulla richiesta risarcitoria ai sensi degli artt. 141 e 148 del Cod. ass.

L’art. 141 disciplina la richiesta di risarcimento danni da sinistro stradale subiti dal terzo trasportato. In tal caso, la richiesta va inoltrata all’impresa di assicurazione che copre la rca del veicolo su cui il terso era a bordo al momento del sinistro “a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro” (comma 1), “Per ottenere il risarcimento il terzo trasportato promuove nei confronti dell’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro la procedura di risarcimento prevista dall’art. 148” (comma 2). “L’azione diretta avente ad oggetto il risarcimento è esercitata nei confronti dell’impresa di assicurazione del veicolo sul quale il danneggiato era a bordo al momento del sinistro nei termini di cui all’art. 145” (comma 3, primo periodo).

I nostri ulteriori riferimenti normativi, utili a ricostruire la fattispecie dedotta in giudizio, sono l’art. 148, per le formalità della richiesta risarcitoria extra-giudiziale, e l’art. 145, che individua di presupposti di proponibilità della domanda giudiziale di risarcimento del danno.

La richiesta di risarcimento (messa in mora) nei confronti dell’impresa tenuta alla liquidazione del risarcimento va redatta nel rispetto di quanto descritto dall’art. 148. Quest’ultimo prevede una serie di requisiti formali tra cui, nel caso di danni alla persona, l’indicazione del codice fiscale degli aventi diritto al risarcimento e la descrizione delle circostanze nelle quali si è verificato il sinistro. La richiesta deve essere accompagnata, “ai fini dell’accertamento e della valutazione del danno da parte dell’impresa, dei dati relativi all’età, all’attività del danneggiato, al suo reddito, all’entità delle lesioni subite, da attestazione medica comprovante l’avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti” (comma 2). “In caso di richiesta incompleta l’impresa di assicurazione richiede al danneggiato entro trenta giorni dalla ricezione della stessa le necessarie integrazioni” (comma 5, primo periodo).

L’art. 145 prevede quale condizione di proponibilità dell’azione di risarcimento dei danni il previo inoltro della richiesta di risarcimento alla impresa di assicurazione a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento “avendo osservato le modalità e i contenuti previsti dall’art. 148”.

Alla luce della lettura dei due dispositivi appare più chiara la questione sottesa al caso esaminato.

Il Tribunale di Torre Annunziata in appello aveva dichiarato l’improponibilità dell’azione di Tizia per incompletezza della richiesta risarcitoria (mancanza della documentazione medica) sulla base del seguente assunto che la Cassazione riprende:

“La compagnia assicuratrice, rilevato che la richiesta di risarcimento era incompleta, invitava lo stesso, ai sensi dell’art. 148 comma 5 D.L.vo 209/2005, a trasmettere la documentazione medica attestante l’entità delle lesioni subite e l’attestazione medica di avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti. Sebbene tale richiesta sia stata inviata in data (omissis), mentre la richiesta di risarcimento danni è pervenuta alla compagnia medesima in data (omissis), quindi decorsi più di trenta giorni dalla ricezione della stessa, deve però rilevarsi che l’incompletezza della richiesta stragiudiziale non può essere sanata, ai fini della proponibilità della domanda, dalla mancata tempestiva richiesta di integrazione da parte dell’assicurazione (sul punto vedi Trib. Milano 13212/2013; Trib. Roma sentenza 15 luglio 2010). Infatti, la richiesta di integrare una richiesta risarcitoria incompleta costituisce una mera facoltà dell’assicuratore, non un obbligo, per cui il suo mancato esercizio non vale a “salvare la successiva domanda giudiziale” (cfr. pagg. 4-5 della sentenza impugnata)”.

Il Tribunale di Torre Annunziata cita anche due pronunce di merito che sostengono la sua argomentazione giuridica: Tribunale Milano 13212/2013 e Tribunale di Roma 15 luglio 2010.

La Cassazione ribalta questo assunto ritenendo errata l’impostazione del giudice d’appello alla luce di un suo precedente relativo ad un caso simile (Cass. Sez. III, sentenza n. 32919 del 9 novembre 2022 – caso di mancata richiesta di integrazione della documentazione da parte dell’assicuratore).

In sintesi la Corte ritiene che “una richiesta stragiudiziale incompleta non renda improponibile la domanda giudiziale, se l’assicuratore della r.c.a. non ne chieda l’integrazione; e ciò per due ragioni”.

«La prima ragione è che l’intera procedura di cui all’art. 148 cod. ass. è governata dai princìpi di correttezza e buona fede, e sarebbe contrario a tali princìpi ammettere che l’assicuratore della r.c.a. possa trarre un vantaggio (l’improponibilità della domanda giudiziale) da una condotta scorretta (non richiedere l’integrazione della richiesta stragiudiziale);

la seconda ragione è che se l’assicuratore non chiede l’integrazione documentale, non opera come s’è accennato il beneficio della sospensione dei termini per formulare l’offerta;

se ne ricava, a contrario, che, se l’assicuratore non chiede l’integrazione, i termini per la formulazione dell’offerta continuano a decorrere: ma sarebbe paradossale ritenere che dinanzi all’inerzia dell’assicuratore i termini per formulare l’offerta continuino a decorrere, mentre la domanda resti improponibile: “gli articoli 145 e 148 cod. ass. vanno dunque letti insieme: quando sono scaduti i termini per l’offerta, la domanda è proponibile; se i termini per l’offerta sono prorogati, è differito altresì lo spatium deliberandi per la proponibilità della domanda; se l’assicuratore non chiede l’integrazione dei documenti, i termini per l’offerta continuano a correre e, con essi, il termine dilatorio della proponibilità della domanda” (cfr. pag. 8, par. 3.8, della motivazione della citata sentenza n. 32919 del 9 novembre 2022)».

Tutto chiarissimo. Di conseguenza, continua la Corte, il principio espresso innanzi (mancata richiesta di integrazione documentale) può essere esteso al caso leggermente diverso che qui si esamina di una richiesta di integrazione tardiva ossia operata dalla compagnia dopo lo spirare del termine di trenta giorni previsto dall’art. 148, comma 5, cit.

«In breve, una volta che sia inutilmente scaduto il termine previsto dall’art. 148  D.L.vo n. 209/2005 assegnato all’assicuratore per richiedere l’integrazione della documentazione già inviata dal danneggiato (ossia una volta che l’assicuratore abbia lasciato scadere tale termine senza inoltrare alcuna richiesta di integrazione della documentazione già inviata dal danneggiato), la domanda giudiziale di quest’ultimo deve ritenersi proponibile, dovendo ritenersi del tutto paradossale (oltreché contrario ai principi di correttezza e buona fede che presiedono allo svolgimento delle relazioni tra le parti nel periodo anteriore all’eventuale esercizio dell’azione giudiziaria) consentire all’assicuratore di ricavare dalla propria inerzia (la mancata tempestiva richiesta di integrazione della documentazione già ricevuta) il vantaggio della persistente improponibilità della domanda risarcitoria»

La tardiva richiesta di integrazione avanzata dalla compagnia nei confronti di Tizia non poteva sanare il vulnus creatosi: poiché nessuna integrazione era stata richiesta a Tizia nei trenta giorni dalla ricezione della sua messa in mora, l’azione poteva dirsi proponibile senza possibilità di ribaltare le posizioni.

L’azione risarcitoria di Tizia doveva pertanto ritenersi proponibile e la sentenza d’appello andava cassata con rinvio ad altro magistrato del Tribunale di Torre Annunziata.

Per la lettura integrale dell’ordinanza si rinvia all’allegato. 

© Annunziata Candida Fusco

www.avvocatofusco.com

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