La festa dei lavoratori: il quadro italiano
In molti paesi del mondo il I maggio si celebra la festa del lavoro o dei lavoratori. Questa data è stata ufficialmente stabilita a Parigi nel 1889 in occasione del Congresso della Seconda Internazionale Socialista. Tre anni prima che venisse ratificata la festa del lavoro, il primo maggio 1886 a Chicago i sindacati organizzarono uno sciopero generale per rivendicare condizioni di lavoro più umane. Fino ad allora, infatti, la giornata di lavoro durava dalle 12 alle 16 ore ed i morti sul lavoro raggiungevano cifre davvero considerevoli. Lo sciopero proseguì per giorni interi e ci furono anche diverse vittime degli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. Da allora in poi, in buona parte del mondo, il I maggio si celebra una ricorrenza dedicata ai lavoratori, tranne che negli Stati Uniti dove il Labour Day coincide con il primo lunedì di settembre.
In Italia il lavoro è cardine e pilastro della nostra costituzione, il quale testo all’articolo primo recita:
“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”
Ciò significa –come precisa puntualmente il nostro Presidente Mattarella – che il lavoro non è soltanto mezzo di sostentamento ma anche la base della coesione sociale del Paese. Un lavoro dignitoso garantisce il soddisfacimento dei bisogni materiali ma anche di quelli relazionali, consente di partecipare alla vita di comunità e al benessere collettivo.
Eppure nonostante l’importanza che viene attribuita dal nostro ordinamento al lavoro, in Italia la situazione non è affatto rosea.
I livelli di occupazione
Nonostante sia cresciuto negli ultimo due anni, In Italia il tasso di occupazione è il più basso d’Europa ed, inoltre, siamo fanalino di coda anche per l’occupazione di giovani e donne.
Le retribuzioni
I salari sono bassi, insufficienti. Anche se sono cresciuti da inizio 2024 restano ancora i più bassi d’Europa e non tengono testa all’incremento dell’inflazione tanto che risultano essere inferiori dell’8.7% rispetto al 2008.
La disoccupazione e l’inadeguatezza retributiva causano moltissimi problemi sociali: scoraggiano la natalità, provocano disagi e malattie, favoriscono la criminalità e spingono all’emigrazioni in altri paesi d’Europa, soprattutto fra i giovani.
Le morti sul lavoro
Spina nel fianco del mondo del lavoro italiano è il problema della sicurezza: la tragedia delle morti sul lavoro. Un’emergenza che non appresta ad arrestarsi.
Da inizio gennaio ad oggi l’Inail conta circa 1077 morti sul lavoro, 512 mila infortuni e 88 mila malattie professionali.
In Italia, in pratica, muoiono tre persone al giorno mentre stanno lavorando.
Un dato inaccettabile. Non si può morire di lavoro.
Gli interventi da mettere in atto sono più che urgenti: la Premier conta di poter annunciare un investimento pari ad un miliardo da ripartire tra formazione ed interventi diretti al riammodernamento e messa in sicurezza di impianti e stabilimenti.
C’è tanto da fare: posti di lavoro da creare, uguaglianza tra uomini e donne da rispettare, orari da ridurre, salari da incrementare e sicurezza, igiene e tutele da incrementare.
C’è soprattutto una cultura da recuperare.
Una cultura che ponga l’uomo (l’essere umano) al centro degli obiettivi della politica ed il lavoro, a sua volta, elemento fondamentale per la libertà e la dignità dell’uomo.
Il lavoro è fondamentale per la sopravvivenza della democrazia.
La sua mancanza o la sua inadeguatezza comportano tensioni che possono minare la democrazia stessa.
Un lavoratore sano e sereno è una persona serena che vive bene il suo tempo e che si impegna alla solidarietà sociale e al buon funzionamento della vita civile, che garantisce il corretto funzionamento dell’intera macchina democratica.