Corte di cassazione penale, sez. IV, 18 dicembre 2024 n. 46566
La Cassazione esamina un interessante caso di responsabilità per omicidio colposo a carico del conducente per omesso uso delle cinture di sicurezza da parte di un passeggero trasportato sul veicolo dal primo condotto. Ribaltando l’orientamento del giudice di primo grado, che riteneva non imputabile la conducente, la Cassazione restituisce dignità alla vicenda processuale e umana, ricollocandola nel solco dei suoi precedenti sul punto, confermando la ratio dell’art. 172 CdS.
Il caso coinvolgeva una donna, Tizia, imputata per il reato di omicidio colposo (art. 589 cp) “per avere cagionato, per negligenza, imprudenza, imperizia e violazione degli artt. 140, 141 comma 1 nn. 2 e 3, 142, 146 co. e 172 co. 1 e 2 del Codice della S.”, la morte di Caia, trasportata sul sedile posteriore del veicolo.
Tizia guidava, in orario notturno, a velocità non adeguata alle caratteristiche della strada “(centro abitato fiancheggiato da edifici ed esercizi commerciali, in presenza di segnali di pericolo per curve pericolose ed intersezioni stradali oltre che su un tratto sdrucciolevole)”; di fronte all’improvvisa comparsa di un cane, perdeva in controllo del veicolo che finiva contro il muro di recinzione di un centro commerciale, ribaltandosi, provocando in tal modo la morte di Caia.
Il Tribunale di F. mandava assolta Tizia ritenendo non sussistessero in capo alla stessa profili di responsabilità per negligenza. Non esistendo alcuna segnaletica a riguardo, le velocità del tratto di strada percorso doveva reputarsi pari a 90km/h , trattandosi di strada extraurbana, laddove Tizia guidava a 65 km/h . Le manovre di emergenza messe in atto da Tizia erano giustificate dalla improvvisa comparsa di un cane: notorio era il fatto che la zona fosse infestata dalla presenza di un branco di cani randagi.
«Il Tribunale, dopo aver dato atto che il passeggero seduto sul sedile posteriore, lato sinistro, veniva trovato con metà busto fuori dall’abitacolo, schiacciato dall’autovettura, ha richiamato gli argomenti spesi dal perito il quale ha affermato che, nella circostanza, il trasportato non indossava la cintura di sicurezza”. Conseguentemente, assolveva Tizia in quanto nessun addebito le poteva essere mosso dato che la Fait Punto dalla stessa guidato “non era dotata di sistemi acustici atti a segnalare il mancato utilizzo delle cinture e che, in ogni caso, non era esigibile che la conducente potesse compiere, durante la marcia, una continua verifica in tal senso”» (sent. 6 marzo 2024).
La sentenza veniva impugnata dal Procuratore generale presso la Corte d’Appello di R. per erronea interpretazione degli artt. 589, comma 2, cp e 172, comma 1, CdS.
«Secondo il combinato disposto dell’art. 589 comma 2 cod. pen. e dell’art. 172 comma 1 D.L.vo 285/92 risponde di omicidio colposo chi, prima di intraprendere la marcia del veicolo con passeggeri a bordo, non esige che costoro indossino la cintura di sicurezza, verificando che lo facciano e in caso di renitenza, rifiuti il trasporto, continuando a verificarlo durante la marcia, anche con l’aiuto degli altri passeggeri trasportati, interpellando direttamente il passeggero».
Questa la motivazione del Procuratore generale.
Dalle indagini svolte emergeva che soltanto la conducente e la passeggera anteriore indossassero le cinture di sicurezza; che il decesso della trasportata posteriore era stato cagionato dalla mancanza di cinture di sicurezza; che la conducente non avesse preteso, prima di intraprendere la marcia, che le passeggere indossassero le cinture. Avverso il ricorso di annullamento della sentenza di primo grado avanzata dal Procuratore proponeva ricorso in Cassazione la conducente Tizia.
La Cassazione ribalta la decisione del Tribunale di F. , caduto in evidente travisamento della ratio delle norme invocate e contraddicendo l’orientamento giurisprudenziale di legittimità, nel cui alveo gli ermellini riconducono la fattispecie.
Prima di tutto, la Cassazione conferma l’assunto del perito nominato dal giudice di merito secondo cui la cintura di sicurezza avrebbe evitato l’exitus della persona dall’abitacolo; in secondo luogo, è evidente il travisamento della lettura dell’art. 172 CdS e quindi errava il Tribunale di F. nell’escludere la colpa specifica della conducente Tizia.
«È indirizzo consolidato di questa Suprema Corte quello secondo cui il conducente di un veicolo è tenuto, in base alle regole della comune diligenza e prudenza, ad esigere che il passeggero indossi la cintura di sicurezza e, in caso di sua renitenza, anche a rifiutarne il trasporto e ad omettere l’intrapresa marcia (sez. IV n. 39136 del 27 settembre 2022) e ciò a prescindere dall’obbligo e dalla sanzione a carico di chi deve fare uso della detta cintura (ex plurimis, sez. IV n. 32877/2020 Rv. 280162 – 01 ed ancora sez. IV, n. 9904/1996, Rv. 206266-01; sez. IV, n. 9311 dei 29 gennaio 2003, S., Rv. 224320)».
Il Tribunale si è allontanato da questo orientamento “con argomenti che si pongono al di fuori della previsione normativa nonché del perimetro tracciato da questa giurisprudenza di legittimità”, assolvendo Tizia per mancanza di “nesso causale tra la condotta della prevenuta e il decesso della persona offesa”, non essendo a Tizia imputabile alcuna negligenza o imprudenza o violazione di una regola cautelare.
Errata pertanto risulta essere la motivazione assolutoria del Tribunale di primo grado, fondata sulla circostanza che il veicolo fosse sprovvisto di “segnali acustici atti a segnalare il mancato utilizzo delle cinture da parte dei passeggeri posizionati sul sedile posteriore” nonché sulla impossibilità per il conducente di effettuare una costante verifica che i passeggeri indossassero le cinture.
Secondo la Cassazione, risulta violato il principio racchiuso nell’art. 172 CdS, «norma posta a presidio del rischio di verificazione di eventi del tipo di quello verificatosi, laddove l’omissione della persona offesa di indossarla configura quelle condotte, esse stesse colpose che possono, al più refluire sul grado di colpevolezza ma non certo escludere o interrompere il nesso causale (cfr. sez. IV n. 32877 del 10 novembre 2020, Rv. 280162)».
La disamina fatta dalla Cassazione sollecita però una domanda: il conducente è sempre responsabile per il mancato uso delle cinture di sicurezza da parte dei passeggeri a bordo del suo veicolo?
Per un approfondimento sull’argomento, si veda in dottrina Bisanti Filippo Marco Maria, Norzi Andrea, Morte del passeggero che non indossava le cinture di sicurezza: la posizione di garanzia del conducente – nuovamente – al vaglio della Cassazione: riflessioni critiche, in Arch. giur. circ. ass. e resp. n. 2/2025.
© Annunziata Candida Fusco